Ci voleva coraggio nell’immediato dopoguerra a salire su una roulotte e girare l’Italia da Nord a Sud. Marcella Pedone lo ha fatto da sola, con unico grande obiettivo: ritrarre il suo Paese attraverso scatti meravigliosi che oggi raccontano la sua trasformazione da società agricola a realtà industriale. È stata la prima fotografa freelance donna in Italia, e oggi, a 101 anni compiuti il 27 aprile scorso, Marcella Pedone conserva nella memoria ogni dettaglio di quegli anni trascorsi scoprendo l’Italia in roulotte. Nata a Roma da genitori toscani ma milanese d’adozione, Marcella Pedone ha trascorso oltre cinquant’anni della sua vita fotografando. E per prima ha sperimentato la discriminazione di genere all’interno di un settore che non lasciava spazio alle donne. «Le case editrici appaltavano i lavori solo agli uomini», ha raccontato in un’intervista al Corriere della Sera. «Le grandi aziende diffidavano di una donna che viaggiava senza un maschio vicino. Se eri femmina e spericolata come me le porte del fotogiornalismo si chiudevano. Poco consolava il fatto che tutti, a margine, mi dicessero: “Sappiamo che lei è brava, signorina”».Si è inerpicata su montagne, ha vissuto tra pescatori e contadini, si è calata nelle miniere e avventurata in fabbriche e cantieri, documentando la trasformazione del Paese da società agricola a realtà industriale. Nel 2017 Pedone ha donato al Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo Da Vinci, la sua banca immagini comprensiva di 170mila scatti, insieme alle macchine fotografiche Rolleiflex, Hasselblad, Mamya e Nikon utilizzate per produrla. Con il suo prezioso lavoro, Marcella Pedone racconta innanzitutto un’Italia minore, ai cui riti collettivi riconosce un forte valore identitario: la sua descrizione delle manifestazioni legate alla cultura popolare, che osserva con attenzione etnografica, costituisce spesso l’ultima testimonianza di usanze ormai scomparse. E al centro non ha mai dimenticato di mettere le donne e il loro sudore: dalle contadine calabresi che tornavano a casa dalla giornata di lavoro sedute sul dorso di un asino con i bambini piccoli appollaiati dentro ceste di vimini, passando per le lavandaie di Pavia, le mondine, le cantanti ambulanti.«Andavo da sola anche in posti in cui, all’epoca, per una donna era proibitivo recarsi. Una volta in un paesino lucano le signore del luogo mi invitarono a confessarmi. Sbigottita chiesi perché e loro risposero: “perché porti la macchina da sola”. Per loro era peccato».
Marcella Pedone
Ci voleva coraggio nell’immediato dopoguerra a salire su una roulotte e girare l’Italia da Nord a Sud. Marcella Pedone lo ha fatto da sola, con unico grande obiettivo: ritrarre il suo Paese attraverso scatti meravigliosi che oggi raccontano la sua trasformazione da società agricola a realtà industriale. È stata la prima fotografa freelance donna in Italia, e oggi, a 101 anni compiuti il 27 aprile scorso, Marcella Pedone conserva nella memoria ogni dettaglio di quegli anni trascorsi scoprendo l’Italia in roulotte. Nata a Roma da genitori toscani ma milanese d’adozione, Marcella Pedone ha trascorso oltre cinquant’anni della sua vita fotografando. E per prima ha sperimentato la discriminazione di genere all’interno di un settore che non lasciava spazio alle donne. «Le case editrici appaltavano i lavori solo agli uomini», ha raccontato in un’intervista al Corriere della Sera. «Le grandi aziende diffidavano di una donna che viaggiava senza un maschio vicino. Se eri femmina e spericolata come me le porte del fotogiornalismo si chiudevano. Poco consolava il fatto che tutti, a margine, mi dicessero: “Sappiamo che lei è brava, signorina”».Si è inerpicata su montagne, ha vissuto tra pescatori e contadini, si è calata nelle miniere e avventurata in fabbriche e cantieri, documentando la trasformazione del Paese da società agricola a realtà industriale. Nel 2017 Pedone ha donato al Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo Da Vinci, la sua banca immagini comprensiva di 170mila scatti, insieme alle macchine fotografiche Rolleiflex, Hasselblad, Mamya e Nikon utilizzate per produrla. Con il suo prezioso lavoro, Marcella Pedone racconta innanzitutto un’Italia minore, ai cui riti collettivi riconosce un forte valore identitario: la sua descrizione delle manifestazioni legate alla cultura popolare, che osserva con attenzione etnografica, costituisce spesso l’ultima testimonianza di usanze ormai scomparse. E al centro non ha mai dimenticato di mettere le donne e il loro sudore: dalle contadine calabresi che tornavano a casa dalla giornata di lavoro sedute sul dorso di un asino con i bambini piccoli appollaiati dentro ceste di vimini, passando per le lavandaie di Pavia, le mondine, le cantanti ambulanti.«Andavo da sola anche in posti in cui, all’epoca, per una donna era proibitivo recarsi. Una volta in un paesino lucano le signore del luogo mi invitarono a confessarmi. Sbigottita chiesi perché e loro risposero: “perché porti la macchina da sola”. Per loro era peccato».